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Percorso espositivo

Primo Piano / Pallida e perduta. Dalla devozione al simbolismo nell’Ottocento

Pallida e perduta. Dalla devozione al simbolismo nell’Ottocento

La fama di Canova in età romantica ha esercitato un’influenza decisiva su molti scultori e pittori, ma soprattutto su Francesco Hayez, che con il grande scultore si era formato a Roma. Le sue diverse versioni della Maddalena e lo sviluppo dell’iconografia femminile rappresentano una delle formulazioni più originali del tema, reso con una carica sensuale e sentimentale così moderne da farne una vera e propria bandiera del Romanticismo. Hayez ha esercitato a sua volta una forte suggestione su altri protagonisti della scena artistica, come lo scultore Pompeo Marchesi o i pittori Ferdinando Cavalleri, Giuseppe Fabbri, Domenico Induno e Enrico Scuri. L’esito romantico del tema attraversa anche l’Europa, come testimoniano in mostra le preziose opere di François-Xavier Fabre e Victor Orsel. 

Il tema riaffiora anche nello schieramento purista, che fa capo al nazareno Johann Friedrich Overbeck. E dalla dimensione profana in cui era stato proiettato dal Romanticismo viene ricondotto alla sua sacralità, anche se pervasa di umori contemporanei.

Ma la più frequente e originale rielaborazione della figura della Maddalena nell’ambito di una profonda revisione della pittura religiosa avviene in Francia al seguito della celebrazione e della consacrazione a protettrice della Nazione della santa operate con la erezione, nel centro di Parigi, della grande chiesa tempio di Sainte-Marie-Madeleine. La realizzazione di questo monumentale cantiere ha occupato quasi tutta la prima metà dell’Ottocento, quando i protagonisti del Romanticismo francese, da Eugène Delacroix ad Ary Scheffer, a Paul Delaroche e tanti altri hanno fatto della Maddalena la protagonista di un genere sacro radicalmente rinnovato: eroina di una religiosità inquieta, certamente più rispondente agli interrogativi della società moderna che alla ripetizione dei modelli iconografici precedenti.

A metà dell’Ottocento, sul finire della stagione romantica e il concomitante clima realistico, con Alma Tadema entriamo in un clima diverso. La sua Maddalena è sospesa tra seduzione e malinconia, finemente colta con sensibilità di luce e segno, intensa e fiera nel suo profilo, in linea con quel filone estetizzante anglosassone di Frederic Leighton e Albert Moore. I dettagli della pettinatura, già in stile neopompeiano, dell’orecchino e della rossa collana, che ne amplificano l’etereo candore della pelle, attingono più al profano che al sacro.

La santa di Paul Baudry è più simile a una ninfa o a una demi-mondaine che non alla figura classica, nonostante i riferimenti a Tiziano e a Domenichino. Schietto, sensuale realismo in Jean-Jacques Henner, che riprende il tema del dissidio fra amore sacro e amore profano, mettendo in evidenza gli aspetti più passionali della vicenda umana della santa.

Alla fine del secolo, quando la Maddalena sembra uscire definitivamente dalla scena di una pittura religiosa ormai in forte crisi identitaria con l’avanzare del moderno relativismo, il tema assume una centralità e un nuovo slancio laico, nella dimensione tragica e insieme psicologica, nell’opera di un protagonista del Simbolismo come Arnold Böcklin. Dopo la spietata meditazione sul corpo del Cristo morto, oggi a Basilea, Böcklin ritorna sul tema con due diverse inquadrature, che la ritraggono a mezzo busto con un pesante velo nero e a viso scoperto, con lunghi capelli inanellati e in mano il teschio. Nell’ossessione del pittore, Maddalena appare come il corrispettivo della malinconia, emblema di un dolore universale senza riscatto.

Nonostante la Maddalena non esca mai dagli orizzonti della pittura, la sua fortuna iconografica sembra trovare la sua manifestazione finale in un singolare dipinto che la sottrae al suo ambito storico e religioso proiettandola nell’attualità. In La Maddalena alla casa dei farisei del 1891 Jean Béraud, uno dei più brillanti testimoni della vita parigina negli anni della Belle Époque, rappresenta Cristo a capo di una lunga tavolata, circondato da alcuni protagonisti della cultura francese, tra cui si riconosce, con il tovagliolo al collo, il filosofo e storico Joseph Ernest Renan, autore della Vita di Gesù. Un’opera che pur riconoscendo l’esistenza storica di Cristo e il valore morale del suo insegnamento ne negava la divinità. Anche se gli astanti sembrano tutti stupiti dalla comparsa del Salvatore, colpisce la presenza ai suoi piedi di una donna distesa a terra, in abito da sera, nella quale si è pensato di riconoscere una celebre cortigiana e ballerina Liane de Pougy, incarnazione contemporanea della più celebre delle peccatrici pentite.